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DIVIETI E LIMITAZIONI per la somministrazione e vendita di bevande alcoliche17-07-2009 10:25
Dalla FIPE nazionale
Articolo 689 codice penale. Somministrazione di bevande alcoliche a minori o infermi di mente

Tale articolo vieta la vendita per asporto e la somministrazione di bevande alcoliche a:

  • minori degli anni 16
  • persona che appaia affetta da malattia di mente
  • persona che si trovi in condizioni di manifesta deficienza psichica a causa di altra infermità.

Il ministero dell’Interno ha chiarito che il divieto non riguarda la sola somministrazione, ma anche la vendita per asporto e pertanto le bevande alcoliche non possono essere consegnate nemmeno in confezione a chi ha meno di 16 anni.

In ordine all’accertamento dell’età del cliente la Corte di Cassazione con una recentissima sentenza ha ritenuto che in caso di incertezza sull’età del ragazzo sia necessario richiedere un documento di riconoscimento, non essendo sufficiente basarsi sulle dichiarazioni dell’interessato e pertanto commette il reato previsto dal medesimo articolo l’ esercente che serve o vende alcolici ad un minore di anni 16 anche se questi, o chi lo accompagna o ne ha la patria potestà, dichiari di avere una età superiore.

La condanna importa, nel caso di pubblici esercizi, la perdita dei requisiti di onorabilità (art. 92 TULPS) in capo al reo alla quale segue la revoca delle licenza se trattasi del titolare, nonché la sospensione dell’esercizio fino ad un massimo di due anni anche se il reato è commesso da un dipendente, mentre se trattasi di cessioni effettuate dalle altre categorie commerciali la pena accessoria è la sospensione dell’esercizio fino a due anni non essendo tali esercenti tenuti al possesso dei requisiti soggettivi previsti all’articolo 92 del TULPS e dalle altre leggi sulla somministrazione.

Trattandosi di responsabilità personale per configurarsi il reato è necessario che vi sia una condotta dell’esercente, o di un suo commesso, direttamente collegabile alla violazione della norma: in altre parole è necessario che sia l’esercente a consegnare la bevanda alcolica al minore non ritenendosi che il servire una bottiglia di vino ad un tavolo occupato da maggiorenni e minorenni possa configurare una fattispecie delittuosa. Diverso il caso in cui al medesimo tavolo si ordini un numero di consumazioni alcooliche pari a quello delle persone presenti. In tal caso scatta il divieto di servire chi non dimostra (o con l’aspetto o con i documenti) di avere più di 16 anni.

Va da sé che la richiesta dell’esibizione del documento atto a comprovare il superamento degli anni 16 non è una violazione della privacy, ma una condizione da soddisfare per poter usufruire delle prestazione richiesta.

Alla luce della applicabilità del divieto alla attività di vendita si deve ritenere che non sia legittima nemmeno la distribuzione (sia essa vendita che somministrazione) di alcolici con distributori automatici.

Al riguardo suscitano notevoli perplessità le ordinanze con le quali alcuni sindaci hanno ritenuto estendere alla vendita il divieto previsto dal presente articolo ed hanno previsto una sanzione amministrativa per la violazione dello stesso. Infatti non si ritiene legittimo il provvedimento amministrativo con il quale si arriva a prevedere una sanzione pecuniaria per una condotta già colpita con sanzione penale e che, comunque, viene ad incidere su una fattispecie disciplinata da norma penale.

Parimenti sussistono motivati dubbi sulla legittimità di ordinanze che elevano a 18 anni il divieto di vendere e somministrare bevande alcoliche, sia per le considerazioni precedentemente effettuate , che in considerazione del fatto che è lo stesso codice penale a riconoscere a chi è maggiore di anni 16 il diritto di consumare ed acquistare bevande alcoliche.


Articolo 691 codice penale Somministrazione di bevande alcoliche a persone in stato di manifesta ubriachezza.

L’articolo punisce chiunque somministra (o comunque fornisce) bevande alcoliche ad una persona in stato di manifesta ubriachezza. Se il colpevole è un esercente la condanna comporta la sospensione dell’esercizio fino a 2 anni, la perdita dei requisiti di onorabilità (art. 92 TULPS, L. 287/1991, leggi regionali) alla quale segue la revoca della licenza.

La “manifesta ubriachezza” è cosa ben diversa dalla ebbrezza (annebbiamento delle facoltà mentali che, tra l’altro, rende inabili alla guida di veicoli).

L’ubriachezza è qualcosa di più: è la temporanea alterazione mentale conseguente ad intossicazione per abuso di alcol (i medici usano il termine “intossicazione esogena acuta”) e si manifesta con il difetto della capacità di coscienza ed alcune volte in forma molesta.

Per aversi la ubriachezza manifesta, il comportamento in pubblico del soggetto attivo deve denunciare inequivocabilmente l’ubriachezza in modo che questa sia percepita da chiunque, con sintomi del tipo: alito fortemente alcolico, andatura barcollante, pronuncia incerta o balbettante.

Per aversi la condotta illegittima basta che l’ubriachezza sia palese, dia segni manifesti e non equivoci.

L’esercente, pertanto, non deve servire alcolici a chiunque si trovi in tale stato. Naturalmente non gli si può addebitare un comportamento antigiuridico se porta una bottiglia di alcolici ad un tavolo ove siede un ubriaco: il reato lo commette chi materialmente gli offre da bere.

Da tenere presente che l’articolo 187 del regolamento di esecuzione del TULPS , che impone agli esercenti di non rifiutare le proprie prestazioni a chi si offra di pagarne il prezzo, prevede in modo esplicito che tale obbligo non vale per i casi disciplinati dagli illustrati articoli del Codice Penale.
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