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MANIFESTAZIONE PROVINCIALE - MERCOLEDI' 22.1.2014 ORE 11 CHIETI19-01-2014 15:59
Iniziative Confcommercio Chieti
MANIFESTAZIONE PROVINCIALE - MERCOLEDI' 22.1.2014 ORE 11.00 CHIETI

Per protestare contro gli aumenti di tasse e imposte, Confcommercio insieme alle altre associazioni datoriali, ha organizzato a Chieti, Corso Marrucino, dalle ore 11.00 alle 13.00 , per mercoledì 22 gennaio, un corteo di protesta che muoverà da piazza Vico fino alla sede del Comune di Chieti, dove simbolicamente riconsegneremo le chiavi delle nostre attività. Portate materialmente una vostra chiave perchè sarà depositata in un cesto. Vi aspettiamo mercoledì prossimo 22 gennaio ore 11.00 in piazza Vico a Chieti.


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VOGLIAMO LAVORARE E CREARE LAVORO.  NON VOGLIAMO MORIRE DI TASSE.


Documento congiunto delle associazioni provinciali di Chieti Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti



Siamo consapevoli della difficoltà di bilancio delle amministrazioni comunali, chiamate a far fronte a tagli continui da parte dello Stato centrale. Ma siamo altrettanto consapevoli che non possiamo essere noi, piccoli imprenditori del commercio, del turismo, dell’artigianato, dei servizi, a fare da bancomat per i Comuni della provincia di Chieti.

Il ruolo, invece, al quale siamo chiamati oggi è proprio questo: dare soldi ai Comuni. Sottoforma di tasse, imposte, canoni, balzelli di ogni natura, cresciuti in alcuni casi ed in alcuni Comuni, come lo stesso capoluogo di provincia, fino al 300 per cento.

È evidente che si tratta di aumenti insostenibili e incivili, che minano il già estremamente precario rapporto di fiducia fra le istituzioni e le imprese, e che rischiano di dare seriamente il colpo finale all’economia delle nostre città.

Nella nostra provincia sono attive oltre 41 mila piccole e medie imprese che danno lavoro a quasi 100 mila persona. Numeri che fanno comprendere che i veri motori dell’economia di questi territori siamo noi, che tutti i giorni con coraggio, determinazione, forza di volontà, spirito di servizio e grande ottimismo apriamo i nostri negozi, i capannoni, le botteghe, gli uffici. Manteniamo vive le nostre città e i nostri quartieri, forniamo un servizio indispensabile per la qualità della vita delle nostre comunità, continuiamo a dare lavoro a intere famiglie di nostri concittadini.

Alle istituzioni non abbiamo chiesto mai nulla, se non il rispetto del diritto fondamentale a poter lavorare. E in queste condizioni, lavorare sta diventando impossibile.

Siamo amareggiati perché le scelte più pesanti nei confronti della piccola impresa stanno arrivando proprio dalle istituzioni che dovrebbero essere più vicine alle nostre esigenze ed ai nostri problemi, e cioè i Comuni, che conoscono più del governo centrale l’importanza del nostro ruolo, e che nonostante ciò hanno scelto di applicare una tassazione punitiva nei confronti delle nostre attività.

In una situazione di grave crisi, a qualunque famiglia – e le nostre sono famiglie, prima che aziende – sarebbe stato concesso almeno il diritto alla rateizzazione: a noi, invece, molti Comuni hanno negato persino questo diritto, chiedendo dunque di pagare in una unica soluzione tassazioni che essi stessi hanno accresciuto anche del 300 per cento.

È evidente che sottrarre quel poco di liquidità che le aziende mantengono per sopravvivere, equivale a condannarle a morte nel giro di pochi mesi. Ci sono Comuni che lo hanno compreso: altri no. Ed è per questa ragione che oggi, simbolicamente, riconsegniamo proprio al Comune le chiavi delle nostre attività.

Non lo facciamo contro la politica “in generale”, perché siamo imprenditori realisti, con i piedi per terra e consapevoli del momento che stiamo vivendo.

Lo facciamo, invece, con estrema cognizione di causa, perché senza le nostre attività e senza le tasse che abbiamo sempre pagato, i Comuni andrebbero in default. Ed anziché trovare di fronte a noi amministratori pronti a darci una mano per tornare a creare occupazione e benessere, veniamo indicati come i bancomat cui attingere le ultime banconote disponibili.


Ai Comuni della nostra provincia poniamo dunque una domanda: dopo averci sottratto queste ultime risorse, dopo averci fatto chiudere, a chi chiederete di pagare in una unica soluzione cartelle esattoriali aumentate del 300 per cento? Con quali risorse continuerete a mantenere le vostre strutture amministrative? Chi pagherà i servizi dei cittadini?


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