Un’importante novità in merito alla controversa questione del payback sanitario è scaturita in seguito all’accoglimento del Tar Lazio delle istanze cautelari di alcune aziende fornitrici di dispositivi medici che hanno chiesto l'annullamento delle disposizioni ministeriali sulle quote payback richieste dalle varie Regioni.
Di fatto, fino a che non ci sarà una decisione nel merito, spiega l'ordinanza cautelare del Tar, le aziende che hanno fatto ricorso non dovranno versare nulla alle Regioni.
Per quanto trapelato, sembrerebbe che, con ogni probabilità, la sentenza definitiva dovrebbe arrivare entro la fine dell'anno.
Lo strumento del payback dispositivi medici è stato fin da subito contestato dalle imprese del settore che hanno ritenuto inaccettabile che debbano essere le stesse imprese private a ripianare una parte dei debiti per l’acquisto dei dispositivi medici generato dalla pubblica amministrazione, debito che, per inciso, ammonta a circa 2,1 miliardi di euro per le sole annualità dal 2015 al 2018, cifra ridotta dal Governo di circa 1,1 miliardi di euro lo scorso marzo.
Sono circa 1.800 le aziende dei dispositivi medici che hanno presentato al TAR ricorsi sull'attuazione del payback ed entro il 31 luglio, salvo ulteriori proroghe, dovranno scegliere se ritirare i ricorsi e pagare con uno “sconto” la parte relativa al periodo 2015-2018 o andare avanti con le azioni legali.
Ivan Pantalone - Presidente ASFO Sanità Abruzzo-Molise: “Abbiamo fin dalla prima ora definito la norma del payback come assolutamente incomprensibile, ingiusta ed in palese violazione dei principi costituzionali. Con tutta evidenza la sospensiva del TAR rappresenta un segnale forte e conferma quello che come Federazione Italiana dei Fornitori Ospedalieri abbiamo sempre sostenuto, ovvero l’assoluta necessità di superare una norma assurda ed incostituzionale.
Per queste ragioni, chiediamo con forza al Governo di posticipare i termini di pagamento del payback a fine anno, per poter trovare le soluzioni più adatte nell’ottica della definitiva cancellazione di una legge che rischia di compromettere irrimediabilmente la sopravvivenza di circa 1.500 aziende, generare la perdita di decine e decine di migliaia di posti di lavoro e minare l’intero sistema sanitario pubblico che, in questo scenario, si troverebbe in carenza di dispositivi medici indispensabili per poter erogare le prestazioni sanitarie ai pazienti.”
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